
Nell’anno in cui Poste Italiane celebra i suoi 160 anni, i Palazzi delle Poste continuano a rappresentare un punto di riferimento sul territorio nazionale e ad essere un simbolo della bellezza architettonica e della storia dell’Italia.
Il Palazzo Postale di Palermo, oggi come ieri, è emblema di un’epoca e ricopre un ruolo di indiscutibile testimonianza storica e di maestosa autorevolezza.
Edificio monumentale rappresentativo della città, il Palazzo viene concluso nel 1934 su progetto di Angiolo Mazzoni.
La maestosità del colonnato esterno è un’immediata espressione della visione futurista e razionalista che permea moltissime opere pubbliche degli anni 30.
Marmi pregiati, elementi funzionali e decorativi convivono in ambienti affrescati dal pittore Paolo Bevilacqua e impreziositi dalle tele di Benedetta Cappa Marinetti.
Il Palazzo Postale è, ancora oggi, non solo un punto di riferimento architettonico e artistico, ma anche un presidio sul territorio comunale, ospitando gli uffici della filiale di Palermo di Poste Italiane e uno degli oltre 50 uffici postali della città.
I palazzi di Poste Italiane sono, spesso, opere d’autore, nelle loro più diverse declinazioni artistiche e strutturali hanno rappresentato negli anni la trasformazione che il nostro Paese ha vissuto tra la fine dell’Ottocento e il secondo dopo guerra.
Anche dal punto di vista della cultura architettonica hanno contribuito a delineare il contorno di una inedita modernità: soprattutto dagli anni 30 del Novecento, nel segno dello stile razionalista.
Senza dimenticare l’importante ruolo sociale che hanno rappresentato per tutte le generazioni e in ogni epoca.
La bellezza del Palazzo di via Roma è stata esaltata nel prestigioso volume artistico LE BELLE POSTE. Palazzi storici delle Poste Italiane edito da Franco Maria Ricci proprio in occasione dei 160 anni di Poste Italiane.
Il testo è una raccolta di schede tecniche, immagini e approfondimenti degli edifici storici accompagnati da bozze e disegni realizzati da fotografi d’eccellenza come Luciano Romano, Giovanni Ricci-Novara e Massimo Listri. (Redazione)
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