
Un lungo lavoro per un ambizioso progetto di studio scientifico dei suoli e di analisi del loro fondamentale ruolo per preservare l’identità della produzione vinicola, partendo dalla conoscenza del proprio terroir per giungere a fronteggiare il problema del cambiamento climatico.
Questa l’idea sviluppata da Tenute Tomasella grazie alla collaborazione con Diego Tomasi, ricercatore Creave (Centro di Ricerca per la Viticoltura e l’Enologia di Conegliano) e del pedologo Giuseppe Benciolini, professionista esperto nello studio dei suoli.
Oggi l’aumento degli eventi climatici estremi, delle temperature e delle precipitazioni sempre più irregolari minano, principalmente, la tipicità e l’identità dei vini, rischiando di compromettere la differenziazione tra aree viticole attigue e tra microzone all’interno di aziende caratterizzate, come il caso delle Tenute Tomasella, da differenti suoli.
La diversità dei terreni, infatti, può influire moltissimo sui caratteri identitari dei vini attraverso una serie di fattori che sempre meglio il mondo della ricerca sta chiarendo: il tutto ha ragione d’essere, però, se il suolo viene gelosamente custodito.
I suoli di Tenute Tomasella hanno origini geologiche diverse, si sono formati a seguito delle esondazioni del Livenza, ma risentono anche di tutto ciò che in altre ere geologiche è stato trasportato dagli altri fiumi e dalle colline delle Prealpi.
Il pedologo ha, con sorpresa, realizzato come, nel giro di poche centinaia di metri, si passi da suoli estremamente limosi a suoli ricchi di argilla fino a suoli molto calcarei, il tutto accompagnato da colorazioni diverse.
Nel contesto di un’azienda di 50-60 ettari questo non è così frequente ed è, sicuramente, una grande opportunità da valorizzare.
Ma l’analisi non si ferma alla sola composizione chimico-fisica che ha evidenziato, soprattutto, la diversa dotazione in argilla, calcare, potassio e sostanza organica. Essa si sta spingendo a studiare la capacità dei suoli di trattenere l’acqua piovana e fungere da serbatoio per le necessità della vite.
Serve, quindi, conoscere non solo le proprietà fisse (quali la tessitura) ma soprattutto quelle dinamiche, ossia i contenuti di sostanza organica (spesso molto variabile), lo stato di aerazione, la microbiologia. Sono queste, infatti, ad interagire maggiormente con la vite.
Un altro parametro da considerare è il comportamento della vite nei diversi suoli dettato dall’apparato radicale, la sua distribuzione in profondità, la sua diffusione orizzontale e la sua densità.
Studiare quanto una vite è costretta ad investire nell’apparato radicale a scapito della parte aerea permette di capire la sua potenzialità energetica.
Se il terreno è povero d’acqua la vite investirà di più nelle radici a scapito della produzione, mentre in un terreno con giusta riserva idrica la vite investirà maggiormente negli aspetti qualitativi ma sarà ancora penalizzata se il suolo è asfittico e privo di ossigeno.
Si vuole quindi giungere a capire quale risposta metabolica dà la pianta nei diversi suoli, cosa riesce a produrre in termini di aminoacidi, zuccheri, aromi, sostanze coloranti, etc. e, dunque, che risposta enologica finale avremo, ossia quale sarà l’impronta lasciata dal suolo nel vino.
“Al termine del lavoro – spiega Tomasi – sulla base delle diverse tipologie di suolo riscontrate nelle Tenute Tomasella e originate da diversi substrati geologici, l’obiettivo sarà dimostrare come proprio il terreno stia diventando elemento di primaria importanza e come possa anche diventare un’arma efficace per mitigare gli effetti del cambiamento climatico e far parlare i nostri territori nel futuro. Vogliamo, infine, riuscire a caratterizzare i vini dell’azienda in funzione dell’origine dei diversi terreni”.
Queste prime osservazioni hanno, anzitutto, confermato che le scelte fatte fin qui in termini di coltivazione, ossia prediligere i suoli calcarei per le varietà a bacca bianca e quelli argillosi per le varietà a bacca rossa, sono state corrette.
Ma è necessario che il legame tra terreno e vite sia ancora maggiore attraverso l’arricchimento di sostanza organica, l’applicazione di lavorazioni precise come l’arieggiamento per evitare il compattamento e favorire l’attività e la ricchezza microbiologica, etc.
In sostanza, un lavoro di globale orientamento di tutta la gestione agronomica dei suoli perché ad un apparato radicale efficace corrisponde una vite più resiliente ai cambiamenti climatici.
Rare, sia in ambito locale che regionale, sono le aziende che possano vantare una così ampia diversità di suoli come Tenute Tomasella. Il valore aggiunto di questo progetto sarà quello di portare Tenute Tomasella verso un’agricoltura sostenibile.
La conoscenza del terreno consente, infatti, di conservarne i suoi pregi senza chiedere alla pianta più di quello che può dare in quell’ambiente specifico, valorizzando sempre di più l’interazione tra vitigno e suolo.
Complessivamente in tutta l’azienda sono stati effettuati fino ad oggi 50 carotaggi preliminari e 9 profili di terreno sui quali si sono studiati anche gli apparati radicali.
Si stanno ora approcciando gli studi di genetica microbiologica. Ma il progetto non si ferma qui, proseguirà con una seconda fase altrettanto importante che prevede il coinvolgimento di ulteriori professionalità, ossia un sommelier ed un enologo, che procederanno all’analisi di comparazione per capire perché ciascun vino ha precise caratteristiche organolettiche e quanto il suolo le abbia condizionate.
Tutto questo testimonia, ancora una volta, il forte impegno di Tenute Tomasella verso il territorio di appartenenza, salvaguardando un marcato senso identitario e mirando sempre alla migliore espressione qualitativa della propria produzione. (Redazione)
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