
(Sergio Scialabba) È ormai chiaro che le conseguenze del dopo-covid sono quelle proprie di un terremoto di proporzioni epocali. Sono, finora, stati evidenziati i cambiamenti del quadro economico che vede andare indietro tutto e tutti e quelli della politica, con uno spostamento del potere da governi e Parlamenti verso autorità sovranazionali e organismi commissariali.
In tv gli onorevoli cedono il posto agli scienziati e questi ultimi, qualche volta, sconfinano, persino, in territori non di propria competenza. Il virus del potere colpisce proprio tutti.
Pochi hanno percepito quali devastanti conseguenze avrà quanto accaduto sulle persone e sulla società che è composta di individui il cui grado di soddisfazione, salute e felicità determina il comune destino.
Pensiamo alla tragica vicenda delle ragazzina che, a Palermo, ha perso la vita per una stupida sfida su un social network, vittima della sua ingenuità ma, anche, della malaccortezza delle autorità che non hanno compreso, per tempo, la potenza di questi strumenti e l’esigenza di una loro regolazione.
La pandemia ha squadernato il mondo parallelo della tecnica, cifra dell’età contemporanea. Cominciato a formarsi con trasporti sempre più efficienti e con le telecomunicazioni, affermatosi compiutamente con la televisione, questa realtà che ci accompagna attraverso la Rete è diventata incredibilmente strutturata, ramificata e dotata di memoria e intelligenza impressionanti. A quanto si è capito, è capace di uccidere.
La Rete, al tempo della pandemia, ci restituisce una poveretta senza vita, ma non studenti soddisfatti di avere appreso nonostante l’assenza dai banchi. La didattica a distanza è uno dei più evidenti fallimenti tra le alternative alla frequenza delle aule scolastiche durante una emergenza. In questi termini nessuno si sognerà di replicarla in condizioni analoghe a quelle del 2019/2020.
Chiusi in casa ci si guarda allo specchio. L’alterazione dei ritmi della propria vita, l’impossibilità di recarsi al lavoro, il cambiamento di abitudini, meno soldi, meno contatti fisici: tutto cambia colore e diventa opprimente e ossessivo. Ecco, quindi, moltiplicarsi gli scatti d’ira, la violenza domestica, le separazioni, i suicidi.
I consumatori di droga in crisi di astinenza o gli alcolisti sono costretti a misurarsi con una triste realtà e non trovano dove andare a sbattere. Situazioni difficili, tenute in equilibrio da relazioni solidali o espedienti esplodono, diventano disperate. Chi viveva “al limite” piomba sotto la soglia di povertà, finisce per chiedere un pasto alle istituzioni di assistenza, dormire in un’automobile o, addirittura, per strada.
Le periferie (che brutta espressione questa, che certifica uno stato come se non potesse mai cambiare) diventano ancora più periferiche, le distanze aumentano non solo tra classi e persone ma, anche, tra quartieri, territori, pezzi di città. La restituzione alla geografia dell’autorevolezza che la dimensione globale sembrava averle rubato ha mille sfaccettature.
Tutti queste problematiche sono come semi che la tragedia del virus ha voluto gettare, destinati a far crescere la mala pianta di nuove ineguaglianze e nuovi egoismi. Nelle carestie, durante le guerre e nei momenti di crisi sono sempre i più forti a reggere meglio. Chi stava male starà peggio. (La sanità e le risorse ad essa destinate sono il tema principale ma strettamente legato al virus stesso. I problemi sociali sono più nascosti).
Non potrà che essere un intervento pubblico ad affrontare queste cose. Di sinistra, si diceva una volta. E dovrà essere sostenuto da spinte ideali canalizzate in movimenti politici coerenti. Che non usino le armi del populismo, l’irrazionalità e l’anti-europeismo che non hanno prodotto risultati ma, anzi, ulteriori fratture sociali, odio e aggressività che acuiscono i problemi invece di risolverli.
Dirigenti politici adusi alla frequentazione di stanze ovattate, indossatori di grisaglie, sono abituati a toni pacati e compromessi che fanno parte della politica, per carità. Ma che rimandano a un gioco al ribasso senza fine. Inoltre, sfugge che sempre nel solco dei valori europei e occidentali vanno cercate le risposte a queste domande. Con uno sforzo creativo di cui nessuno sembra più capace. Mentre l’alleanza con i populisti, triste e inconcludente nuova destra post-Novecentesca, sembra accelerare il percorso verso l’auto-consunzione invece che aprire la strada del futuro.