
Due ordinanze dell’amministrazione comunale sulla questione della vita notturna (evidentemente Paganini non dirige a Palazzo delle Aquile) non sono bastate a sciogliere i nodi della Movida. I gestori dei locali notturni torneranno a inscenare manifestazioni di protesta dalle parti del Comune. Di mattina (che palle).
Ma la questione non riguarda solo bicchieri e gradazioni alcoliche, orari e tipologia di esercizio commerciale quanto, intanto, la parola usata per richiamare l’attenzione di tutti sul tema in oggetto: “Movida”.
Con questa espressione si volle infatti indicare il movimento diffusosi nella divertentissima Spagna alla fine degli anni Settanta per manifestare il sentimento scaturito dalla caduta del regime di Francisco Franco e, poi, protrattosi fino agli anni Novanta.
Un clima, “temperie”, fatto di movimenti artistici e idee politiche del tutto nuovi in un paese che era e resta tradizionalista. Prese la forma di cañas di birra o discoteche piene di fumo, tapas, subculture, trasgressione sessuale, moda, tendenze, ironia, spensieratezza. E, quindi, strade affollate, locali pieni di gente e, ovviamente, assembramenti. Alla Spagna servì molto, forse proprio per la sua natura effimera.
Francamente, la vita notturna cittadina attuale è il volto deforme della “Movida”. Non c’è da essere spensierati e non si esce da una dittatura. E comunque, a stroncarla sono, come accadrà ovunque, nuove regole e paradigmi sociali. Anche senza contare il degrado del Vecchio Centro.

Il sindaco Leoluca Orlando si preoccupa, testualmente, “di assicurare il soddisfacimento delle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti nonchè dell’ambiente e del patrimonio culturale in determinate aree della città interessate da afflusso particolarmente rilevante di persone” e ha ragione.
Il popolo della notte esce per divertirsi ma, evidentemente, molti dei suoi protagonisti no. E, comunque, il modello non sembra più funzionare. Chi ha comprato casa per evadere dalle caotiche strade del commercio e dai condomini è esausto: risse, danneggiamenti ad auto, aggressioni, rumore insopportabile. Prima che arrivasse il lockdown i “furti con destrezza” avevano toccato numeri preoccupanti.
Si tratta della parabola del movimento che, effettivamente, c’è stato nella capitale della Sicilia a partire dagli anni Novanta. Oggi la stagione della fruizione degli spazi pubblici e della riscoperta del patrimonio artistico e monumentale rivela un pericoloso vuoto di progetti e prospettive.

L’emergenza e, poi, il confinamento appongono al suo tramonto un sigillo politico e amministrativo. Bisogna, adesso, chiedersi se ci sia un nuovo modello, su quali basi di fonderebbe e, soprattutto, se qualcuno abbia una idea chiara del futuro della città, alternativa a quella del passato.
La questione non riguarda solo i titolari dei locali notturni o chi ha un bed and breakfast ma che tipo di vita notturna ci vuole in una capitale del Mediterraneo come Palermo e che tipo di turismo meriti.
Basta aprire chiese e musei se, poi, non vengono adeguatamente mantenuti e se mancano i servizi aggiuntivi? Quali infrastrutture e politiche occorrono per bilanciare le esigenze di giovani e anziani, residenti e visitatori? Forse il punto di inizio di questo percorso non è un marciapiede a notte fonda ma un bel tavolo da riunione la mattina presto. (Sergio Scialabba)
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Turismo: poche idee ma confuse
Cosa cambia in città dopo il coronavirus (di Sergio Scialabba)