
Anche quando si è costretti in casa in una situazione di emergenza e, dunque, forzatamente, oppure per lavorare, cosiddetto smart-working, è suggerito di non farlo in pigiama ma di stare vestiti. Ordinati, ben vestiti, anche senza annodare al collo quell’accessorio straordinario che si chiama cravatta.
Si tratterebbe persino di un simbolo occidentale richiamando, annodata, la croce cristiana. Solo a Napoli sanno farlo e sanno farla: sfoderata oppure no, con un particolare esagerato per funzione e logica: il filo di frizione, che serve a evitar danni.
Il nodo c’è a chi piace stretto, chi tenta e ritenta fino a che non trova forma e lunghezza desiderata. Punto preciso dell’immagine maschile, ne rivela, immancabilmente, la personalità: piccolo o grande, doppio oppure no, “accomeviene” o con la fossetta.
L’eleganza maschile è fatta di sobrietà, di poche parole, misurata e misurate. Solo alla cravatta è consentito esagerare. Chi vuole essere o apparire virile vi confina ogni eccentricità: animaletti, medaglioni e combinazioni di tessuti, ma sempre evitando i colori accesi.
Sottile ma non troppo, il tanto che basta per non essere notati (non si sa mai). La cravatta a tinta unita blu notte resta un vertice immortale, da abbinare a un abito grigio topo e mocassino color fango. Ma dipende sempre da chi c’è dentro il vestito. (Sergio Scialabba)
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