Dall’arte al bowl cut: il volto è sempre protagonista

ph Ali Pazani on Unsplash

La storia del bowl cut è quasi banale. Bowl, ovvero ciotola, come se una ciotola rovesciata fosse posta sul capo invece di un berretto o di un cappuccio. E, poi, tutto quel che resta – cosiddetto undercut – tagliato o, addirittura, rasato. Nasce come taglio facile e pulito, con qualche vaga assonanza allo stile militaresco, se si voglia vedere non una ciotola, ma un casco.

Chiamato anche mushroom cut, perchè la frangetta potrebbe, in qualche misura, richiamare la forma del fungo. 

Tra i tanti che portavano i capelli così c’è la celebre Valentina Rosselli, il personaggio inventato dal maestro del fumetto Guido Crepax, di cui si ricordano magrezza e ciuffo nero, oltre che il conturbante contorno di fantasie e problematiche attualissime come l’anoressia.

Il taglio fu molto popolare negli anni 70, la sua parabola cominciò nella metà degli anni 80. Molto femminile, perchè produce un distacco visivo della testa dal resto e, dunque, una sua esaltazione. Un effetto proprio del ritratto nell’arte classica, le Madonne senesi con il volto, spiega lo storico dell’arte Elena Pontiggia, trasformato “in una corolla innestata sull’alto stelo della gola”: elemento valutato come punto di congiunzione ad uno dei maestri dell’arte moderna, Amedeo Modigliani. 

Si celebra, quest’anno, il centesimo anniversario della morte del grande pittore. I suoi colli allungati sarebbero non soltanto un sogno africano, ma avrebbero radici nel nostro passato. (Sergio Scialabba)

 

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