
A un anno dalle elezioni, il sindaco di Palermo ha chiesto il contributo di tutto il Consiglio Comunale, senza esclusioni, su atti concreti nell’interesse della città.
Nel 2022 le scadenze elettorali non riguardano, però, solo Palazzo delle Aquile ma, anche, il Quirinale, la presidenza della Regione Siciliana e, poi, ci sono le elezioni di metà mandato negli Stati Uniti d’America.
Il primo cittadino eletto direttamente dal popolo è un prodotto diretto della seconda Repubblica. Il leaderismo (o cesarismo, per chi è pessimista) su base municipale ha fatto cose buone e cose pessime.
Restituire all’assemblea civica, agli eletti – che in moltissimi casi sono politicanti – e ai politici di professione quanto spetta loro chiude un’epoca. Ma più per necessità che per scelta.
Tutti in maggioranza, nessuna maggioranza. Le cosiddette maggioranze variabili, che si formano in funzione degli obiettivi, non rappresentano la fine delle politiche (per esempio il governo della Repubblica ha dato una chiara indicazione di tutela dell’ambiente) ma, almeno per il momento, della politica.
Non importa di che colore sia il gatto, ma che acchiappi i topi. Si tratta di una strategia che il governo del paese sperimenta in vista di una delle tre importanti riforme necessarie per la ripresa del cammino dell’Italia: quella della concorrenza.
Tanti anni fa, con un libro, il giurista Guido Rossi spiegò che il conflitto d’interessi, una delle forme della corruzione soggettiva, avesse ormai inquinato ogni spazio della vita pubblica ed economica. Tale fenomeno contrasta fortemente con la cultura della concorrenza e con la logica del mercato.
Si tratta di ricreare uno spazio aperto e libero, sebbene in una cornice di sicurezza e trasparenza relative e garantita dalle autorità pubbliche, nel quale soggetti privati si contendono le risorse disponibili. Su scelte nuove dovrebbero ricostituirsi i blocchi sociali (e politici) che, nella fase attuale, si stanno scomponendo.
Ma questo non servirà solo a ottenere soluzioni migliori, per esempio nel campo delle opere pubbliche, ma anche a far lievitare la cultura del merito (cioè chi fa meglio ottiene di più) rimettendo in funzione la macchina che distribuisce punizioni e premi. Anche a selezionare un personale politico di più alta qualità di quello attuale (che per la verità non ci vuole molto). (Sergio Scialabba)
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