Anche il lavoro ormai è social

ph Annie Spratt on Unsplash

Nuove tendenze per la rivoluzione smart working, figlia della pandemia. Se da un lato molte realtà, dai grandi gruppi ai piccoli imprenditori, negli ultimi mesi hanno effettuato un “richiamo all’ordine”, scegliendo di far rientrare la popolazione aziendale in sede, dall’altro nel prossimo autunno potrebbero delinearsi nuovi scenari che potrebbero confermare quello del lavoro a “distanza” o in altra sede come il modello del futuro.

Ma quali sono i benefit o gli svantaggi per le persone? E quali gli impatti sull’espressione del talento? Cofoundry, spazi coworking presenti a Milano e Genova, dopo aver fornito un supporto concreto alle Pmi italiane nell’anno del covid, ha realizzato un’indagine sui propri coworker, esplorando il rapporto con i nuovi spazi di coesione e lavoro dal punto di vista di aziende, startup e freelance.

Coworking vs Lavoro da casa: Nel confronto con lo smart working da casa, il campione di aziende intervistate da Cofoundry giudica positiva la propria esperienza in coworking, ritenendola una soluzione decisamente migliore (57 per cento) e dichiarando di aver riscontrato un miglioramento della propria qualità della vita: per gli aspetti di team building (47 per cento), perché permette di conoscere altri professionisti e allargare la rete (43 per cento), di confrontarsi, scambiare idee ed essere più creativi (39 per cento), di occupare spazi personalizzabili in base alle proprie esigenze (24 per cento), risparmiando sui costi di affitto e altre spese (20 per cento).

La “dimensione sociale” è uno degli aspetti che ha inciso di più nella scelta di questa tipologia di location: il 24 per cento ammette di preferirlo perché qui ci si sente meno soli, con un 33 per cento dei professionisti che ha assegnato un valore di 8 in una scala da 1 a 10 e un 24 per cento che si è spinto fino al livello 10, giudicando essenziale il contatto con i colleghi e altre persone.

Il coworking, quindi, oltre ad essere un ambiente di spazi fisici, è una realtà umana in cui stringere relazioni professionali e far crescere la propria azienda all’interno di un vero e proprio polo di sviluppo. La pensa così la metà dei lavoratori che in questa dimensione ha conosciuto nuove realtà interessanti con cui vorrebbe iniziare a collaborare, con un 16 per cento che lo fa già.

Pandemia: cosa è cambiato nell’ultimo anno per competenze e talento? Dall’inizio della pandemia ad oggi, il modo di lavorare è senz’altro cambiato, con ripercussioni anche nelle capacità di espressione di talento e competenze. Il 37 per cento degli intervistati crede che nell’ultimo anno lo smart working e il potenziamento della comunicazione digitale abbiano facilitato i singoli a concentrarsi di più su se stessi, consentendo di creare una dimensione professionale nuova, adatta al meglio delle proprie potenzialità.

D’altra parte, il 34 per cento è convinto che le distanze abbiano imposto troppi limiti e barriere, soprattutto nel confronto con gli altri, con ripercussioni anche sull’espressione del talento.

Per 6 su 10, infatti, proprio il digitale e l’essere sempre in call e iper-connessi ha rappresentato il problema principale, seguito per il 37 per cento dai problemi di connessione (non riuscire a collegarsi in call per riunioni/brief importanti), per il 29 per cento dall’aver lavorato con nuovi ritmi strutturati sull’organizzazione personale e non dei team, e per il 25 per cento dall’aver lavorato di più, senza i limiti di orario scanditi da un ufficio.

I luoghi di lavoro del futuro: sociali, green e non più legati alla stessa sedia di un unico ufficio. Quali scenari per il lavoro di domani? Avere a disposizione spazi esterni dedicati alla socialità (55 per cento); immersi in contesti green e naturali, che influiscano sul benessere psicofisico dei lavoratori (51 per cento); in cui poter fare networking con altri lavoratori dello stesso settore, da cui poter imparare e con cui poter collaborare (41 per cento); ma anche essere circondati da un’estetica curata e di design, perché lavorare a contatto con il “bello” può migliorare le prestazioni e l’umore (37 per cento), prevedere aree per l’attività fisica (20 per cento), creare una rete con i negozi/realtà del quartiere per ampliare ulteriormente il network sul territorio (18 per cento), offrire un supporto a chi è genitore con iniziative per i figli (aree dedicate, laboratori, giochi, percorsi educativi, ecc.), e mostrarsi pet-friendly, dando la possibilità di portare con sé il proprio cane/gatto (16 per cento).

E’ questa la fotografia del luogo ideale tracciata dai worker di Cofoundry se si guarda ai nuovi spazi lavoro. Partendo dall’attuale scenario storico e socio-economico che stiamo attraversando, il 26 per cento si dichiara convinto che per la migliore espressione del talento in azienda sia necessario andare oltre l’immobilismo e l’” attaccamento” alla sedia di un unico ufficio, mentre per il 13 per cento bisognerebbe superare persino il concetto stesso di lavoro fisico sui territori, svolgendo in remoto attività per aziende straniere, senza l’obbligo di spostarsi e prevedere una presenza in quel Paese, ma mantenendo sempre un contatto reale dove si vuole, con altri worker. (Redazione)

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Sempre perfetti per andare da nessuna parte